
Disforia di genere
Dobbiamo considerare l’identità sessuale di ogni individuo come la complessa relazione tra il sesso biologico, l’identità e il ruolo di genere e l’orientamento sessuale.
Quando parliamo di “identità di genere” intendiamo la percezione unitaria e persistente di se stessi come appartenente al genere maschile o al genere femminile o ambivalente. La maggior parte della società fa coincidere l’identità di genere con l’identità sessuale attraverso una sorta di conformismo psicologico, supportato dal fatto che la nostra cultura ha previsto per molto tempo la definizione di solo due generi, corrispondenti ai due sessi biologici. In base all’orientamento sessuale, poi, un individuo avrà un’attrazione sentimentale – sessuale verso una persona dello stesso sesso o del sesso opposto.
La disforia di genere è una condizione caratterizzata da una intensa e persistente sofferenza causata dal sentire la propria identità di genere diversa dal proprio sesso.
Per la maggior parte delle persone il sesso biologico e l’identità di genere coincidono. Per altre, l’identità di genere è diversa dal sesso biologico; alcune persone, per esempio, si sentono e vivono come una donna, ma sono di sesso biologico maschile; altre, si sentono e vivono come un uomo ma sono di sesso biologico femminile. Altre ancora, sentono di non appartenere a nessuno dei due generi maschile e femminile.
Nonostante sia chiaramente provato che non si tratti di un disturbo mentale, viene mantenuto nell’ICD-11 per le significative cure mediche che la condizione richiede. Infatti, la contraddizione tra il sesso biologico e l’identità di genere può condurre ad una condizione di profonda sofferenza, ansia, depressione e/o difficoltà di inserimento in ambito sociale, lavorativo o in altre importanti aree. La disforia di genere, così come definita nella quinta edizione del manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-5 – American Psychiatric Association. Diagnostic and statistical manual of mental disorders: 5th edition), riguarda ad esempio quelle persone che decidono di intervenire sul proprio corpo per renderlo più simile a come si sentono attraverso trattamenti ormonali e/o chirurgici, desiderando una femminilizzazione (da maschio a femmina, male to female, MtF) o una mascolinizzazione (da femmina a maschio, female to male, FtM) del proprio corpo.
Più in generale, la disforia è indipendente dall’orientamento sessuale e non va confuso con esso. A questo proposito, queste persone possono avere qualsiasi orientamento sessuale e sentimentale. Ad esempio possono essere eterosessuali, omosessuali, bisessuali o asessuali.
L’identificazione nel sesso opposto ed il relativo disagio provocato da questa condizione possono essere avvertiti già in fase preadolescenziale, in alcuni casi anche prima.
TRAVESTITISMO
Il travestitismo comporta eccitazione sessuale intensa e ricorrente derivante dal vestirsi come l’altro sesso. Il feticismo di travestimento è un travestimento che causa notevole sofferenza o che interferisce con le funzioni quotidiane.
Il travestitismo è una forma di feticismo (gli indumenti sono il feticcio), che a sua volta è un tipo di parafilia. Nel travestitismo (travestirsi), l’uomo preferisce indossare indumenti femminili o, meno frequentemente, la donna sceglie di indossare indumenti maschili. Tuttavia, chi si traveste non ha una sensazione interiore di appartenenza all’altro sesso e nemmeno il desiderio di cambiare sesso, come accade nei casi di disforia di genere . Tuttavia, gli uomini che si travestono possono condividere le sensazioni della disforia di genere quando sono sotto stress o quando subiscono la perdita di una persona cara.
Cross-dresser è un termine più comune e accettabile che travestito. Il cross-dressing e il disturbo del travestitismo sono estremamente rari nelle donne.
Il travestito si comporta in maniera maschile quando e’ vestito da uomo ma diventa effeminato quando e’ vestito da donna. In generale, si tratta di uomini eterosessuali e ben adattati nella società.
Il comportamento di travestirsi da donna inizia solitamente in tarda infanzia. Fino al 3% degli uomini si è cross-vestito ed è stato stimolato sessualmente almeno una volta, ma molti meno riferiscono regolarmente il cross-dressing. Il cross-dressing si associa, almeno inizialmente, all’intensa eccitazione sessuale. L’eccitazione sessuale che viene prodotta dal capo di abbigliamento stesso è considerata una forma di feticismo e può verificarsi in associazione o indipendentemente dal travestitismo.
All’interno della coppia può accadere che il partner accetti e quindi uomini travestiti possono impegnarsi in attività sessuali vestendosi completamente o parzialmente da donna. Al contrario, quando il partner non accetta tale pratica, possono provare ansia, depressione, sensi di colpa e vergogna a causa del desiderio di travestirsi e possono manifestare disfunzioni sessuali nella loro relazione. Tali sentimenti di colpa e vergogna possono inoltre portare questi soggetti a buttare tutto il loro guardaroba per poi alternare nuovi cicli di acquisti di abiti e accessori femminili.
CAUSE PSICOLOGICHE DEL TRAVESTITISMO
I pazienti che presentano tali caratteristiche, sono accomunati da incapacità di competere a scuola con gli altri ragazzi; possono raramente difendersi se attaccati, e raramente attaccare gli altri; sono modesti esecutori nei giochi; raramente raggiungono delle posizioni di autorità nei primi anni; e spesso non tengono fede alle loro promesse intellettuali. Essi. perciò, sia consciamente che no, si sentono in molti aspetti inadeguati nei confronti degli altri uomini; e ciò è espresso in senso metaforico come castrazione, o come la condizione di non possedere.
In questo caso, come in tutti i casi di feticismo, è particolarmente ovvia la funzione compensatrice dell’inconscio: le fantasie contengono proprio quegli elementi che mancano nel comportamento conscio.
Quindi, tanto più questi pazienti sono miti e incapaci nei loro comportamenti quotidiani in rapporto con gli altri, tanto più violente è probabile che siano le loro fantasie sessuali.
Alla base del feticismo e del travestitismo, ci sono persone che hanno un incompleto sviluppo dell’Io.
Ovvero, non si sono riconosciuti come maschi con un’esistenza separata dalla figura materna e una consapevolezza della propria potenza virile. La potenza appartiene ancora alla madre fallica e il loro problema è di strappare il potere fallico dalla madre e di prenderne possesso. Il feticcio è un meccanismo magico mediante il quale essi tentano ciò e per questa ragione ha un significato positivo. Nel travestitismo il paziente indossa vestiti femminili non perché desideri essere una donna, ma perché vuole ottenere quel potere fallico che sente appartenere ancora a una donna. Identificandosi con una donna, diventava paradossalmente più uomo.
Andando indietro nel tempo, il bambino piccolo si identifica con la madre per evitare l’ansia relativa alla separazione. Quando diventa consapevole delle differenze sessuali tra lui e la madre (la madre non ha il pene come lui), il bambino sviluppa, l’ansia di perderla. Coloro che si travestono da donna sperimentano una fusione con un oggetto materno intrapsichico, superando così l’ansia di separazione.
In tutti questi casi, la psicoterapia si focalizza sull’aiutare il paziente ad individuare le cause di tali comportamenti e nei casi di disforia di genere ad accettare se stesso. Più in generale gli obiettivi della psicoterapia sono di rendere le condizioni di vita del paziente più serene e consapevoli.
A cura di dott. ssa Viola Barucci – psicologa psicoterapeuta
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Incertezza, intolleranza all’incertezza e le sue conseguenze psicologiche
Possiamo definire l’incertezza come l’impossibilità di stabilire l’esito certo di eventi futuri.
La natura imprecisa degli eventi genera dubbi e perplessità. Complica il processo decisionale perché manca di prevedibilità e non ci fornisce elementi certi di conoscenza sulla base dei quali agire.
L’incertezza è qualcosa che fa parte della nostra vita, tutti noi l’abbiamo sperimentata. Un certo grado di imprevedibilità è inscindibile dalle nuove esperienze e può rappresentare uno stimolo per mettersi alla prova e conoscersi meglio. Tuttavia, in alcune situazioni, è possibile sperimentare una eccessiva paura per l’ignoto. Questa ci porta a mettere in atto strategie di gestione rigide e stereotipate che sono disfunzionali per la crescita e il benessere psicologico individuale.
A livello psicologico sperimentare incertezza vuole dire avere paura dell’ignoto, definita anche “intolleranza all’incertezza” (intolerance of uncertainty, IU), che rappresenta un importante fattore di vulnerabilità personale.
Coloro che sperimentano elevata IU sviluppano convinzioni negative riguardo l’ignoto e le sue conseguenze. Hanno una maggiore tendenza a reagire negativamente a livello emozionale, cognitivo e comportamentale nei casi di situazioni ed eventi incerti. Ovvero, situazioni delle quali non si conosce l’esito (positivo, neutro o negativo) perchè non si sono ancora verificate.
La IU gioca un ruolo fondamentale nei disturbi d’ansia. Infatti, individui con elevata IU tendono a sovrastimare la probabilità che eventi inaspettati, negativi e minacciosi possano accadere. Interpretano le informazioni ambigue come fonte di minaccia. Frequentemente sentono di non possedere abilità e strumenti adeguati a fronteggiare situazioni improvvise e negative. Di conseguenza, tendono ad evitare gli eventi valutati come incerti.
L’evitamento viene rinforzato da una riduzione dell’ansia che, contrariamente a ciò che può sembrare, rappresenta un fattore di mantenimento dell’ansia stessa. Infatti, impedisce alla persona di elaborare l’esperienza emozionale e di sperimentare l’assenza del collegamento tra stimolo incerto e conseguenze avverse.
Una seconda strategia è l’iper-coinvolgimento. Nel tentativo di aumentare la certezza, le persone possono per esempio focalizzarsi troppo su un evento. Inizia così una ricerca eccessiva d’informazioni, pensano insistentemente a possibili esiti futuri e alle relative azioni.
Al contrario, il disimpegno può tradursi nella ricerca di distrazioni, impegnandosi in altre attività.
L’impulsività prevede invece, l’agire senza pensare alle conseguenze delle proprie azioni. Il tentativo è quello di eliminare immediatamente l’incertezza. Questa modalità può anche portare a comportamenti rischiosi o dannosi per sé.
Un’ulteriore strategia possibile è l’esitazione. Essa si traduce nel non agire, causato dalla difficoltà di scelta tra le strategie precedenti.
Infine, il “flip-flop” (oscillazione) consiste nel continuo e repentino cambiamento di strategia, per cui la persona oscilla tra la ricerca della certezza e l’evitamento dell’incertezza.
Ormai da molti mesi stiamo affrontando una fase di profonda incertezza. Le informazioni riguardo la diffusione, le conseguenze, il contenimento e il trattamento di COVID-19 vengono cambiano di frequente lasciando spesso una sensazione di poca chiarezza. Parallelamente, la disinformazione si diffonde creando molta confusione rispetto alle strategie più efficaci da adottare.
Va inoltre considerato che, da un lato, nei mesi scorsi l’allentamento delle misure imposte per il contenimento del COVID-19 ha aumentato la fiducia in una risoluzione dell’emergenza. Facendoci sperimentare un ritorno alla normalità. Dall’altro lato, ha diffuso, in alcuni la convinzione di un’immotivata preoccupazione medica. Queste opposte reazioni non favoriscono una gestione equilibrata della nuova fase sanitaria che si sta delineando in questo frangente.
Tutto ciò genera elevati livelli di stress e profondo disagio. La necessità di gestire i sentimenti negativi può portare le persone a mettere in atto condotte poco adattive e disfunzionali, a scapito del proprio benessere fisico e psicologico. In particolare, alcuni possono sviluppare un iper-coinvolgimento, impegnandosi nell’eccessiva ricerca di informazioni sui dati e sull’evoluzione di COVID-19. Monitorare più volte al giorno i canali di informazione che trattano dell’argomento. Pensare spesso alle possibili conseguenze e strategie da intraprendere, rimuginare sugli esiti. Tale condotta fa aumentare, sul momento, la percezione di “controllo della situazione” e risponde allo scopo di prepararsi ad ogni eventualità. È necessario comprendere che in questo caso la sensazione di sicurezza è solo illusoria e ha come conseguenza negativa l’incremento delle sensazioni di disagio ed incertezza.
In altri casi possiamo assistere al disimpegno, al fine di evitare la fastidiosa sensazione di incertezza. Si può tradurre nell’evitare in modo attivo tutto ciò che riguardi l’emergenza sanitaria. Non informarsi e comportarsi come se non stesse accadendo nulla di grave o insolito. Questa strategia di evitamento è efficace nel breve termine, perché ci allontana dalle emozioni negative connesse alla situazione di stress ed incertezza.
In modo ancora più drastico, l’impulsività può essere adottata come strategia per eliminare l’incertezza e le conseguenze ad essa connesse. Può portare a mettere in atto condotte trasgressive e non rispettose delle regole. Si associa spesso alla convinzione che la rinuncia/modifica delle proprie abitudini sia più dannosa delle possibili conseguenze negative per la salute propria ed altrui.
Il risultato, in entrambi i casi, è quello dell’impossibilità di elaborazione della situazione temuta. Le emozioni negative, come ansia, paura, rabbia e colpa, dalle quali tentiamo di difenderci, con molta probabilità si presenteranno in modo persistente e senza preavviso.[/gt3_custom_text]
I segnali di malessere possono manifestarsi in vari modi. Oltre ad un più tipico aumento dei livelli di ansia e paura, possono presentarsi anche disturbi del sonno, rabbia immotivata, difficoltà di concentrazione. Espressioni comuni sia ad adulti che ai più piccoli e che influenzano vari ambiti della nostra vita.
il compito della psicologia è quello di aiutare le persone ad imparare a gestire e tollerale l’incertezza. Confrontarsi con un professionista permette di dare voce ai timori legati alle situazioni di stress e disagio. Facilita l’assunzione di una posizione di equilibrio più adattivo tra l’iper-coinvolgimento e il disimpegno e un adattamento più efficace alla realtà. Permette di trovare uno spazio di comprensione ed elaborazione dei propri vissuti emotivi al fine di migliorare il benessere.
A cura di: dott.ssa Iolanda Esposito – Psicologa-psicoterapeuta, consulente in sessuologia